Avete mai sentito parlare di un filosofo femminista che gira l’Italia in lungo e in largo per sensibilizzare grandi e piccoli sulla parità di genere?
Noi neanche prima di parlare con la casa editrice Settenove, interamente dedicata alla prevenzione della discriminazione e della violenza di genere, a cui abbiamo chiesto consiglio su un’esperta o un esperto da invitare per il primo evento culturale del Base Camp di Roma. Appena Monica Martinelli, la responsabile dei progetti educativi della casa editrice, ci ha parlato di Lorenzo Gasparrini e del suo libro “Non sono sessista, ma…” ci siamo detti che avevamo trovato quel che cercavamo!
Perché chiedere a un uomo di parlare di femminismo o di parità di genere?
Perché, udite, udite, anche gli uomini subiscono gli stereotipi di genere e se ne parla pochissimo. Essere consapevoli di quanto il patriarcato sia una gabbia per tutti, non solo per le donne, rappresenta il primo passo verso delle relazioni più rispettose.
I femminismi, come ci insegna Lorenzo, sono pratiche molteplici che mirano proprio a riconoscere le forze culturali e sociali che agiscono in maniera oppressiva. Le pratiche femministe ci indicando delle strade per liberarci dalle ingiunzioni indipendentemente dal nostro sesso o genere.
Ma se i femminismi sono tanti, pensiamo al femminismo inglese di fine ottocento per ottenere il diritto di voto o il femminismo argentino di oggi per rendere legale l’interruzione di gravidanza, il maschilismo è uno e si riassume in un assioma semplice e bieco: pensare che l’uomo sia superiore alla donna.
I femminismi non sono quindi il contrario del maschilismo ma il loro opposto. L’opposizione implica infatti che vi siano due poteri che si incontrano in una struttura verticale: un oppresso e un oppressore.
Quali sono le strategie più diffuse per opprimere una parte della società? Il controllo. Tenere d’occhio il comportamento dell’altro, giudicarlo, denigrarlo.
Per introdurre questo argomento delicato, Lorenzo dice ai ragazzi di chiedere alla biblioteca della loro scuola di acquistare il dizionario degli insulti. Altra cosa di cui non avevamo mai sentito parlare! Cosa potrà mai insegnarci questo strambo volume? Semplice, la maggior parte degli insulti riguardano proprio le donne, la loro figura, i loro ruoli e comportamenti. Pensate alla prima parolaccia che avete imparato e usato. Facendolo vi renderete conto di quanto la cultura maschilista arrivi molto presto nella nostra bocca e nelle nostre orecchie.
Facciamo un esempio molto concreto per aiutarci a capire come si cela il maschilismo.
Il classico insulto “figlio di …” cosa sottintende?
Non sapere chi è il proprio padre corrisponde ad una mancanza di virilità, a non conoscere la propria origine e discendenza, ad essere figlio di nessuno. La discendenza, che definisce il potere di ciascuno nella comunità, si trasmette da padre in figlio: il valore che abbiamo è quindi dettato dal genere maschile. Questo insulto, apparentemente banale, ci informa che ancora oggi queste antiche leggi marziali sono attuali e continuano ad agire e ferire. Implicitamente ciò significa che ci sono dei corpi che valgono di più e altri di meno. È importante precisare però che tali condizionamenti sociali, impliciti e spesso inconsapevoli non sono “colpa” dei maschi. Non si lotta contro l’uomo ma contro i valori maschili che tutta la società porta avanti nel quotidiano e nelle istituzioni che resistono al cambiamento.
Altro modo di mantenere i condizionamenti sociali sono le creazioni di stereotipi. Un ammasso di percezioni che ci impedisce di vedere i fenomeni nella loro realtà, uno sfondo che influenza il nostro modo di relazionarci all’altro. Il miglior modo di uscire dagli stereotipi e ascoltare e comprendere l’altro nella sua unicità e complessità, chiedendo anche ciò che sembra ovvio e scontato.
Quest’ultimo aspetto ci porta a ciò che chiamiamo oggi la cultura del consenso. Si riassume proprio così: invece di dare per scontato certe cose, chiedo e mi esprimo quando qualcosa non mi quadra, non mi sta bene.
Perché il problema di qualcuno è il problema di tutti
E così che spesso quando parliamo di femminicidi, i media ci fanno credere che chi ha commesso il delitto è stato uno strano uomo preso da un raptus. Invece la maggior parte delle volte è una persona comune e come società dovremmo capire quali condizionamenti hanno portato quel singolo a quel comportamento scellerato. Tali condizionamenti culturali hanno sempre a che vedere con i rapporti di potere nella struttura della coppia. E purtroppo continuiamo ad usare forme di potere ereditate dal passato che ormai sono obsolete.
Le ragazze e i ragazzi che hanno partecipato all’evento, curiosi ed entusiasti di questo excursus tra i riflessi inconsapevoli che mettiamo in atto ogni giorno, hanno chiesto a Lorenzo alcuni consigli per interrompere questa catena che spesso imprigiona le ragazze e i ragazzi.
Ve li lasciamo anche qui:
- Chiedete anche ciò che vi sembra ovvio
- Date più alternative a chi deve darvi una risposta
- Imparate a salutarvi nel modo più completo e gradevole per l’altra persona
- Raccontate più spesso come vi sentite, non solo quello che vorreste fare
- Chiedete cosa piace all’altro, non “se” gli piace questo o quello
- Non lasciate cose in sospeso tra i vostri amici, con i vostri genitori o parenti, nei rapporti sui social.
Lorenzo ci lascia dicendoci che anche sostenere lo sguardo dell’altro non è una cosa banale. Guardarsi negli occhi può essere molto intimo e ogni forma di contatto va rispettato e protetto perché non possiamo sapere quanto sia “intimo” per l’altra persona.